Le conseguenze del decreto dignità in Veneto sui contratti superiori ai 24 mesi
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Prosegue l'attività di indagine dell'Osservatorio Mercato del Lavoro sui possibili effetti del decreto dignità in Veneto. Dopo aver analizzato il numero complessivo dei rapporti di lavoro a termine potenzialmente interessati dalle novità introdotte (circa 80 mila), i ricercatori di Veneto Lavoro hanno concentrato l'attenzione sui contratti che il decreto renderebbe inattuabili: quelli di durata superiore ai 24 mesi.
Si tratta in sostanza di ipotizzare quanti sarebbero, sulla base dei dati relativi al 2017, i contratti di cui il decreto avrebbe impedito la prosecuzione se fosse stato già in vigore, pur non potendone prevedere l'eventuale destino.
Per farlo è necessario osservare cosa sia accaduto ai rapporti di lavoro che hanno superato i 24 mesi nel 2017, isolando il numero dei contratti a tempo determinato di durata compresa tra i 24 e i 36 mesi, che il decreto avrebbe di fatto "cancellato". Non sono da considerare, infatti, i contratti stagionali e quelli relativi al settore agricolo o alla Pubblica Amministrazione (ambiti non interessati dal Decreto), quelli superiori ai 36 mesi (per i quali non cambia nulla) e i contratti di somministrazione (sui quali permangono alcuni dubbi interpretativi circa le modalità di applicazione delle nuove norme).
Al 31 dicembre 2017, i rapporti di lavoro a tempo determinato, tra un lavoratore e una stessa impresa, che risultavano aver superato i 24 mesi e non aver ancora raggiunto i 36 mesi erano 14.168. Cosa è dunque accaduto in seguito a questi contratti?
A qualche mese di distanza, 4.490 contratti risultavano ancora in essere presso il medesimo datore di lavoro, 4.537 erano stati trasformati a tempo indeterminato, 2.340 lavoratori erano passati ad un'altra azienda mentre in 2.656 erano rimasti senza lavoro, tra disoccupati e inattivi.
Qualora già in vigore, la norma del decreto che impedisce la prosecuzione dei contratti a tempo determinato oltre i 24 mesi avrebbe dunque avuto effetto diretto su 4.490 rapporti di lavoro, ovvero un terzo del totale dei contratti di durata compresa tra i 2 e i 3 anni e appena l'1% di tutti i contratti a tempo determinato presenti in regione.
Riguardo a cosa ne sarebbe stato di questi 4.500 contratti, difficile prevederlo, anche se l'ipotesi più plausibile è una loro ripartizione, in percentuali variabili, tra gli altri scenari osservati: trasformazione a tempo indeterminato, passaggio ad altra azienda e disoccupazione.
L'ipotesi è che il provvedimento potrebbe avere effetti di complicazione amministrativa per le imprese più che agevolare l'accesso al tempo indeterminato del lavoratore, che oggi dipende soprattutto da fattori organizzativi e di mercato. A questo proposito potrebbero essere utili gli incentivi, come già accaduto in passato, ma il rischio di un aumento del contenzioso finirebbe certamente per attenuarne l'efficacia.