Il mercato del lavoro veneto nel mese di gennaio - Il mercato del lavoro veneto nel mese di gennaio
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Briciole di pane
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Il 2021 ha confermato le attese di una ripresa economica sostenuta dopo la crisi pandemica, con una crescita del Pil nazionale stimata al +6,5% e al +6,9% per quanto riguarda il Veneto. Segnali incoraggianti arrivano anche sul versante dell’emergenza sanitaria, in virtù di una progressiva endemicità dell’infezione da Covid-19, e dal settore turistico, che dopo essere stato fortemente penalizzato dalla pandemia, nel corso del 2021 ha registrato un forte incremento in termini di presenze.
Il 2022 si apre con non pochi segnali di preoccupazione: la crisi energetica europea prodotta dal razionamento dell’offerta di gas da parte della Russia e il rischio di una guerra in Ucraina, l’impennata inflazionistica e i costi energetici, che stanno condizionando gli andamenti del settore manifatturiero. Le previsioni economiche per l’anno in corso sono infatti più contenute, con il Pil visto in crescita del +4% a livello nazionale e del +4,2% in Veneto.
Sul fronte occupazionale, nonostante lo sblocco dei licenziamenti si registra la crescita dei contratti a tempo indeterminato, che nel mese di gennaio mostrano un saldo positivo per 6.200 posizioni lavorative e un aumento delle assunzioni del 3% rispetto al periodo pre-pandemico di gennaio 2020 e del 58% nel confronto con il 2021, quando ancora erano in vigore importanti restrizioni anti Covid. Il calo del tempo determinato e dell’apprendistato, dovuto anche all’elevato numero di trasformazioni, determinano tuttavia per il lavoro dipendente un saldo negativo per -2.100 posizioni lavorative, in linea con quello registrato nel 2021 (-2.050) e inferiore a quello lievemente positivo del 2020 (+400), e un calo della domanda di lavoro complessiva pari al -2% rispetto al 2020.
Riguardo alle altre tipologie contrattuali, il lavoro intermittente ha dato luogo nel mese di gennaio a 4.300 attivazioni (-11% sul 2020), il lavoro domestico ha fatto registrare 3.000 assunzioni (-10%), le collaborazioni (2.700) sono in flessione del -12% mentre i tirocini con segnano un -27% rispetto al 2020 con 2.000 attivazioni complessive. La domanda di lavoro somministrato è quasi tornata sui livelli pre-crisi del 2019, con un calo rispetto ad allora di appena l’1%.
Riguardo alle cessazioni, anche in considerazione del dibattito in corso sul tema delle cosiddette grandi dimissioni, o great resignation, si osserva che quelle per volontà del lavoratore costituiscono nel mese di gennaio il 29% del totale, con un aumento del 19% rispetto al 2020 e del 45% sull’analogo periodo del 2021. La dimensione e l’andamento delle dimissioni appaiono tuttavia confermare quanto analizzato precedentemente, imputando tale fenomeno a ritardate dimissioni durante il periodo del blocco dei licenziamenti, qualche incentivo all’abbandono delle imprese in difficoltà e l’elevato tasso di ricollocazione a un mese che segnala la propensione di molti lavoratori a trovare occasioni di impiego che più soddisfano le loro aspettative.
Anche i licenziamenti economici individuali e collettivi sono in aumento rispetto al 2021, quando ancora vigeva il blocco, ma in diminuzione rispetto ai quantitativi del 2020 (3.000 a fronte di 4.000).
A livello territoriale, l’allentarsi delle restrizioni a partire dalla primavera 2021 e l’inversione di tendenza della congiuntura economica hanno contribuito a riportare il bacino occupazionale a dimensioni vicine a quelle pre lockdown in tutte le province. I saldi annuali a fine 2021 sono infatti risultati positivi e superiori a quelli del 2019 in tutti i territori, mentre a inizio 2022 le province ad elevata propensione turistica di Venezia e Verona, che già avevano pagato i costi più alti della crisi pandemica, mostrano un saldo particolarmente negativo (rispettivamente -1.109 e -1.260) e continuano ad avere un numero di assunzioni inferiore a quello dello stesso mese del 2020. Andamento positivo, sia nei saldi che nelle assunzioni, per Vicenza e Treviso, mentre Belluno pur presentando un saldo negativo manifesta una ripresa della domanda di lavoro.
Il flusso delle dichiarazioni di immediata disponibilità (Did) è stato pari a 11.400 unità, in diminuzione rispetto al gennaio 2020 del -17%. Un calo concentrato nelle province che hanno registrato i migliori andamenti in termini di saldi occupazionali e domanda di lavoro, anche in virtù di una struttura economica a propensione manifatturiera, quali Padova, Treviso e Vicenza. Lo spostamento delle forze di lavoro da una condizione di disoccupazione a quella di inattività, e viceversa, possono in parte essere attribuiti a un effetto di scoraggiamento e ad altri fattori legati all’evolversi della situazione pandemica, ma anche, in termini positivi, alla ripresa economica osservata soprattutto in alcuni territori e settori.
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