Il mercato del lavoro veneto nel mese di gennaio
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Il 2025 si apre con un bilancio occupazionale negativo per il mercato del lavoro veneto, con 900 posti di lavoro dipendente in meno nel mese di gennaio, a fronte dei +700 registrati lo scorso anno. A determinare il rallentamento rispetto al 2024 concorre soprattutto l’aumento delle conclusioni contrattuali (+3%), a fronte di una sostanziale stabilità delle assunzioni (+0,1%).
Il risultato è frutto di una tendenza alla stabilizzazione del mercato del lavoro, come dimostra l’aumento delle posizioni a tempo indeterminato, cresciute di 6.800 unità nel mese per effetto delle trasformazioni contrattuali. I contratti a tempo determinato diminuiscono invece di 7.800 unità e quelli in apprendistato rimangono sostanzialmente invariati, confermando la tendenza osservata nell’ultimo biennio di una progressiva contrazione di questa tipologia contrattuale.
Il volume complessivo delle assunzioni (58.600) si conferma sugli stessi livelli dello scorso anno, con un incremento più marcato per gli uomini (+3%) rispetto alle donne (-5%) e per gli stranieri (+6%) rispetto ai lavoratori di cittadinanza italiana (+3%). Tra le cause di cessazione, aumentano quelle per fine termine (+8%), specie in agricoltura e nel turismo, e i licenziamenti economici individuali (+7%), soprattutto in alcune aziende del made in italy, a conferma delle difficoltà che ancora interessano il settore. In diminuzione invece le dimissioni (-6%) e i licenziamenti collettivi (-11%).
A livello territoriale, il saldo occupazionale è in peggioramento ovunque tranne che a Belluno (-425 posizioni lavorative contro le -461 del gennaio 2024), ma se a Padova (-500), Venezia (-400), Verona (-400) e, appunto Belluno, si conferma il segno meno, a Treviso (+400), Vicenza (+300) e Rovigo (+200) il bilancio rimane positivo.
I dati mostrano andamenti differenziati anche per i tre macro-settori. Dopo molti mesi di crescita, l’agricoltura mostra qualche segnale di rallentamento, con la perdita di 800 posizioni lavorative che, però, non è frutto di un calo delle assunzioni, che anzi aumentano dell’8%, ma di un incremento ancora maggiore delle cessazioni (+13%). Saldo negativo per il terziario (-3.900), legato quasi esclusivamente all’andamento del settore turistico, che nel mese perde 3.800 posti di lavoro e registra un calo delle assunzioni del 3%. In peggioramento anche il comparto dell’ingrosso e della logistica (-100, era +300) e dei servizi di pulizia (-200, era +300). Segnali positivi arrivano dall’industria, in particolare dal metalmeccanico ma anche dall’automotive, seppure su livelli molto più contenuti. Bisognerà tuttavia attendere i dati dei prossimi mesi per capire se si tratta di un’inversione di tendenza o di una temporanea tenuta dei livelli occupazionali, frutto magari di un lieve rimbalzo dopo un lungo periodo negativo o legata a un numero limitato di aziende. Il settore secondario registra nel complesso 3.900 posti di lavoro dipendente in più e un lieve incremento delle assunzioni (+0,8%). È un risultato trainato dagli andamenti dell’edilizia (1.400 posizioni in più e aumento delle assunzioni del +3,2%), del metalmeccanico (+1.200 posti, ma attivazioni in lieve calo) e dell’industria alimentare (+1.050 posti e +3,8% delle assunzioni), tra i pochi comparti del made in italy in positivo. Si confermano invece le difficoltà del sistema moda, sia in ambito tessile-abbigliamento che per quanto riguarda l’industria delle calzature.
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