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Indietro Tartufi 2 - La disoccupazione "amministrativa": un'approssimazione (o una finzione) irrinunciabile?

di Bruno Anastasia, Maurizio Gambuzza e Maurizio Rasera

Statisticamente e politicamente parlando, le dimensioni della disoccupazione italiana sono quelle "denunciate" dall'Istat: più o meno, nella media del 1999, 2,7 ml. di cittadini e, di questi, un po' più della metà sono donne. Con l'omogeneizzazione a livello europeo delle metodologie di indagine e delle definizioni adottate, la nozione di "persona in cerca di occupazione" (nozione di difficile accertamento per la forte componente soggettiva di auto-definizione nel distinguersi dalle non forze di lavoro) si è fatta tendenzialmente sempre più severa: in tal modo si è ottenuto anche un ridimensionamento della misura ufficiale della disoccupazione italiana. Mentre la statistica, basata essenzialmente sull'indagine trimestrale sulle forze di lavoro, ha compiuto questo percorso, a livello amministrativo si è necessariamente stabilita e si è mantenuta fino agli ancora incerti tentativi recenti di correzione di cui è espressione il decreto legislativo 181/2000, l'equivalenza tra "disoccupato" ed "iscritto nelle liste di collocamento". Così mentre per la statistica (e per la pubblica opinione e per il dibattito politico) i disoccupati italiani sono meno di 3 milioni, per l'Amministrazione sono oltre 7 milioni (media 1998): la platea dei soggetti cui indirizzare interventi attivi e passivi di politica del lavoro è dunque sterminata, doppia di quella ufficialmente considerata.