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Pubblicato il 18.03.2008 null Misure 8 - Quanto è precaria la stabilità. Fragilità delle promesse nominalistiche. Le durate dei contratti a tempo indeterminato

La strategia per combattere la precarietà individua nell'indeterminatezza del termine dei contratti l'ottimo da perseguire, imputando di converso la precarietà alla certezza della temporaneità di una prestazione lavorativa (indipendentemente dalla durata stabilita, anzi ponendo limiti alla lunghezza predefinita e quindi, implicitamente, giudicando negativamente il "perdurare"). Poca attenzione viene sempre riservata agli aspetti retributivi che invece non poco contano nel determinare il livello di precarietà.

Premesso che il contratto di lavoro a tempo indeterminato (Cti) rappresenta effettivamente lo standard sul quale è tarato il sistema delle garanzie di tutela e che le stesse tendono invece ad affievolirsi per altre forme contrattuali (livello rispetto al quale andrebbe svolta un'azione di sensata parificazione), limitatamente al tema della durata: è proprio vero che la promessa di indeterminatezza del Cti è una garanzia di stabilità? Il Cti assicura l'indissolubilità del legame tra azienda e lavoratore? La realtà è conforme alle aspettative alimentate dalla definizione nominale del contratto?