Lavoro part time: opportunità o minaccia?
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Gli anni della crisi hanno portato con sé un significativo incremento del lavoro a part time, che non si è arrestato neppure nel corso dell'ultimo biennio di ripresa economica e occupazionale. È quanto emerge dall'approfondimento a cura dell'Osservatorio Mercato del lavoro di Veneto Lavoro inserito nella collana "Tartufi" e dedicato alle dinamiche del lavoro a tempo parziale.
L'incidenza del part time ha infatti raggiunto una quota del 18,5% sul totale dei lavoratori occupati (in Italia come in Veneto) e di oltre il 30% sul totale delle assunzioni. Numeri che pongono comunque il nostro Paese al di sotto della media europea (19,5%) e di Paesi quali Germania, Austria e Olanda, che, anche grazie a specifiche politiche di incentivazione, presentano percentuali comprese tra il 25% e il 50%.
In Italia, la prima disciplina organica del part time risale al 1984, con l'esplicito riconoscimento, anche istituzionale, del lavoro a tempo parziale quale strumento di promozione dell'occupazione. Negli anni successivi il part time ha sortito gli effetti attesi, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro di soggetti altrimenti esclusi, in particolare donne con la necessità di conciliare vita e lavoro, e consentendo la creazione di nuova occupazione. La tendenza è in parte cambiata dopo il 2008: se la crescita occupazionale complessiva ha subito una forte battuta d'arresto, il ricorso al part time ha continuato a crescere e anzi a intensificarsi, contribuendo ad attenuare, almeno in parte, la perdita di posti di lavoro. Un fenomeno legato anche alle strategie adottate dalle imprese per far fronte alla difficile congiuntura: ricorrere a forme di riduzione oraria per salvaguardare i livelli occupazionali.
In ambito di lavoro dipendente, si è passati dalle circa 190 mila assunzioni part time registrate in regione nel 2008 alle quasi 240 mila del 2016, con un peso totale salito dal 25% al 33%. Anche in virtù del processo di terziarizzazione che da molti anni sta interessando il tessuto produttivo veneto, la crescita si è concentrata in modo particolare nel settore dei servizi (commercio al dettaglio e servizi di pulizia su tutti), caratterizzato da occupazioni più flessibili in termini di orario e continuità di lavoro. L'incidenza delle assunzioni con contratto part time è passata in questo settore dal 22% del 2008 al 36% del 2016 per gli uomini e dal 41% al 53% per le donne.
A crescere in modo particolare è stato il part time involontario, che interessa occupati che svolgono un lavoro a tempo parziale, ma che avrebbero voluto e potuto lavorare più ore. Nel 2016, sul totale degli occupati a part time, la quota di involontari sfiora il 65% nel caso degli uomini e il 48% per le donne. Per molti lavoratori ha quindi rappresentato una scelta obbligata, talvolta irreversibile.
Sebbene in un contesto generalmente positivo, in quanto capace di innalzare i livelli di occupazione, il part time porta quindi con sé alcuni rischi. Tra questi, eventuali forme di penalizzazione e marginalizzazione cui possono incorrere i lavoratori a part time rispetto alla forza lavoro standard e la possibilità che dietro a rapporti a tempo parziale si celino comportamenti elusivi. Il sospetto è quello che possa diffondersi un utilizzo improprio dei contratti part time volto a mascherare rapporti di lavoro a tempo pieno: i cosidetti "falsi part time" rappresenterebbero circa un quinto di tutti i rapporti a tempo parziale.
Il quadro delineato dai dati relativi all'ultimo decennio mostra tuttavia come il part time abbia avuto effetti generalmente positivi, consentendo di attenuare le negative ricadute occupazionali della crisi e contribuendo ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto delle donne. In particolare in Italia e in Veneto, che presentano un'incidenza femminile sul totale degli occupati a part time rispettivamente del 33% e del 35%, a fronte di una media europea del 32%.
In un'ottica di consolidamento dei livelli occupazionali, il part time può quindi assumere una duplice valenza: da un lato rivelarsi uno strumento efficace per aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, mentre dall'altro, anche attraverso specifiche politiche di incentivazione alla trasformazione di rapporti part time in rapporti full time, rappresentare un momento di passaggio tra l'ingresso nel mercato del lavoro e una maggiore stabilità occupazionale.