Misure/98 - Emergenza COVID-19. L’impatto sul lavoro dipendente in Veneto (1 gennaio-12 luglio 2020)
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L'aggiornamento delle evidenze statistiche considera l'intera frazione di anno fin qui trascorso utilizzando una periodizzazione che permette di distinguere le varie fasi succedutesi, scandite dai diversi interventi di restrizione prima e di apertura poi. Le direttive comportamentali hanno avuto immediate conseguenze sul mercato del lavoro e ancor di più le misure assunte dal Governo specificatamente in materia di lavoro: prima fra tutte il blocco dei licenziamenti per motivo oggettivo e la parallela estensione della cassa integrazione a buona parte della platea di lavoratori dipendenti. Nel momento in cui si scrive sembra assai probabile l'ulteriore estensione temporale di suddette misure (finora previste per il 17 agosto per il blocco dei licenziamenti e il 31 ottobre per la cassa integrazione) fino al 31 dicembre.
Dai dati disponibili l'effetto della pandemia ha comportato, su base annua (variazione tra il 13 luglio 2019 e il 12 luglio 2020) una riduzione pari a circa 36.000 posizioni di lavoro dipendente (per l'insieme degli organici aziendali individuati sulla base dei tre contratti sopra indicati), "bruciando" quindi anche la crescita tendenziale ancora in essere a febbraio, all'inizio della pandemia (pari a circa 20.000 posti di lavoro).
Tra il 23 febbraio e il 30 giugno 2020 la variazione dei posti di lavoro è stata sì positiva, pari a +9.000 unità ma ben lontana da quella registrata nel medesimo periodo del 2019 (come del resto fisiologico, dato il particolare "ciclo stagionale" dell'occupazione in Veneto) quando aveva superato la soglia di +65.000 posti di lavoro. La differente performance occupazionale tra il 2020 e il 2019 è largamente imputabile alla mancata crescita dei posti di lavoro – come accade nel primo semestre di ogni anno "normale" – più che alla riduzione di quelli esistenti a febbraio.
I dati delle ultime settimane confermano e accentuano i segnali di recupero rilevati nei mesi di maggio e giugno (che avevano fatto segnare saldi positivi rispettivamente di +3.300 e di +12.200 posti di lavoro) portando in luglio (prima metà) ad un saldo di +21.400, superiore a quello dell'omologo periodo dell'anno precedente. Questi miglioramenti sono l'esito essenzialmente della progressiva riduzione del differenziale tra 2019 e 2020 nel numero di assunzioni (-34% in maggio e -19% in giugno e -9% nei primi 12 giorni di luglio; ricordiamo che tra il 23 febbraio e il 3 maggio la variazione era stata pari a -61%). È evidente che i danni occupazionali subiti nella fase di lockdown non risultano recuperabili integralmente nel breve periodo; conforta comunque la constatazione che la flessione occupazionale sia stata arrestata e che vi siano indizi di avvio del recupero.